Cosa sono, come funzionano e a cosa
servono i mulini a palle?
Premessa.
Le seguenti informazioni sono limitate ai
tradizionali
mulini a palle discontinui,
o
intermittenti, fino a circa 5000
litri di volume interno del “tamburo” a
tubo ruotante cilindrico,
ad asse orizzontale (quelli una
volta costruiti dalla Cavalleri
Mattavelli Sas., per alcuni settori
dell'industria chimica-farmaceutica). Vengono espressamente
esclusi ad es. gli enormi mulini
tubolari continui per l’industria del
cemento e pure esclusi tutti i mulini a
sfere ad asse verticale (es. "a
microsfere" per vernici). Vengono esclusi
anche i mulini continui bi-troco-conici
(Hardinge), che sfruttano le pendenze
dei coni per la separazione del
macinato. Vengono infine esclusi i
mulini a palle "planetari ad alta
energia", come alcune macchine perlopiù
da laboratorio specialistico.
Il classico mulino (orizzontale) a sfere, o a
palle o biglie o altri corpi macinanti,
in inglese “ball mill”, è una macchina
polivalente destinata principalmente
alla macinazione fine e secondariamente
alla miscelazione, secondo un’antica
tecnologia, una volta basata
sull’impiego dei sassi di fiume, donde
anche il nome di “pebble mill”.
Nell’industria ceramica, per macinazioni
ad umido, i mulini a palle sono anche
denominati Alsing.
I prodotti da trattare possono essere
sia fluidi
(cioè con lavorazione “a umido”, purché in pratica
i fluidi non siano eccessivamente
pastosi),
che in
polvere (cioè con lavorazioni “a
secco”),
partendo da granulometria iniziale del prodotto
millimetrica, es. come sabbia, ma anche
più fine, fino a granulometrie finali
micrometriche, preferibilmente sempre gli stessi prodotti nello stesso
mulino.
Ricordo che per granulometrie
micrometriche si possono intendere
colloidali o addirittura nanometriche,
qualità da
richiedere una trattazione specifica,
qui trascurata. La pulizia
finale dell'interno del tamburo ruotante
può essere problematica per l’impiego di
prodotti diversi. La viscosità dei
fluidi trattabili nei mulini a palle
deve essere decisamente più bassa di
quella delle paste trattabili nelle
raffinatrici
a cilindri.
Il tamburo ruotante anche senza sfere
può essere raramente usato per la sola mescolazione
di efficacia limitata, es. bottali per
conceria, ma è un’applicazione
particolare, snaturante il concetto di
macinazione. Si comprenda che per la sola mescolazione esistono macchine più
adatte (perlopiù meglio se a pale
ruotanti in vasca fissa), più veloci
(dei mulini a palle ed anche dei bottali) e
molto meno
rumorose dei mulini a palle (il cui rumore è
dato dal rotolio delle sfere o peggio
dal loro martellamento in cascata, v.
avanti).
Descrizione.
I mulini a palle sostanzialmente sono
dei cilindri orizzontali, detti
“tamburi”, in versione
classica discontinua chiusi e ruotanti
attorno al proprio asse, con
trasmissione diretta al proprio asse,
tamburi contenenti un determinato
quantitativo di sfere e di prodotto. Con
il procedere della rotazione, il
prodotto si “macina”, nel senso che
viene sempre più finemente macinato e si
“mescola”, nel senso che omogeneizza i
propri componenti, ovviamente anche in
miscela con le sfere. Ciò può creare
alla fine problemi di scarico del
prodotto, a seconda che sia fluido o in
polvere, richiedendo diversi
accorgimenti.
Quando il prodotto è fluido basta
sostituire il tappo di macinazione con
un tappo di scarico dotato di una
griglia per trattenere le sfere e di una
valvola per scaricare il fluido, a
tamburo fermo.
Quando il prodotto è polvere occorre
raccogliere la polvere che esce dalla
griglia del tappo di scarico, magari col
tamburo in rotazione (in tal caso si è
soliti circondare il tamburo con
un’apposita cuffia di scarico con
tramoggia di raccolta delle polveri,
etc.).
Il problema maggiore del mulino a palle
per polveri sarà appunto la separazione
finale delle polveri dalle sfere.
Il posizionamento del tamburo ruotante
fino alla posizione di sostituzione dei
tappi di macinazione o di scarico ed
il sistema di avviamento del mulino
possono presentare dei problemi tecnici,
che si traducono in prezzi differenti
dei sistema di costruzione scelta per i mulini a
palle, secondo le grandezze delle
diverse tipologie di macchine.
Limitatamente ai mulini discontinui di
relativamente piccola taglia, si passò
da sistemi di trasmissione a
pignone/corona dentata (a cattivo
allineamento e cattiva lubrificazione) a
trasmissioni a riduttore perlopiù
pendolare a scatola ingranaggi chiusa
(il sistema migliore),
in alcuni casi non trascurando le trasmissioni a cinghie
direttamente al tamburo (cinghie però di
difficile sostituzione), etc.
La grandezza del mulino a palle dipende
dai quantitativi di prodotto che si intende
trattare ad ogni carica, o “batch”,
del prodotto
e dal valor medio di
granulometria che si intenda raggiungere
in un ragionevole tempo totale di
lavorazioni successive.
Infatti
il mulino a palle (tranne quelli enormi
e magari continui, che però la Cavalleri
Mattavelli non costruiva) è solitamente
discontinuo, cioè lavora per batchs, e
ridurrà la granulometria del prodotto
secondo il tempo di utilizzo,
che talvolta è di parecchie ore, ma se
basta
solo miscelare senza macinare può essere
relativamente poco tempo.
Per valutare il numero di batchs che
servono a realizzare una determinata
produzione è necessario conoscere il
tempo di utilizzo del mulino/mescolatore
tramite prove sperimentali o
sicure informazioni precedenti, prove da
effettuarsi alla velocità
di rotazione ottimale per il prodotto,
per raggiungere la desiderata
granulometria finale. La velocità di
rotazione del tamburo determina le
condizioni di macinazione per solo
sfregamento oppure per contemporaneo
martellamento del prodotto, fino alla
centrifugazione totale del prodotto +
sfere, oltrepassando il numero di
giri/min. critico, oltre il
quale non c'è più né macinazione né
mescolamento del prodotto, in quanto
tutte le masse interne girano insieme al
tamburo, ma ferme tra loro.
Come riempimenti,
occorre rispettare solitamente 1/3 di
vuoto del volume interno del tamburo
ruotante, 1/3 in volume di sfere e 1/3
in volume utile per il prodotto, ma tali
indicazioni sono solo indicative, come
indicativo è il numero di giri/min. del
tamburo. E' fondamentale che il livello
del prodotto copra sempre
abbondantemente il livello delle sfere
(ma non eccessivamente!), per non
macinare le sfere tra loro.
Quando si
desidera la sola rotazione delle sfere, per macinazioni di puro sfregamento per
attrito tra sfere e prodotto, occorre
lavorare dal 50 a poco oltre il 60% del numero di giri/min. critico, al quale avviene
la totale centrifugazione delle masse
interne. Il numero di giri/min. critico è
pari a circa 30 diviso la radice
quadrata del raggio interno del tamburo
ruotante, raggio espresso in metri. Per
esempio, fissando circa la rotazione al
56% del numero di giri/min. critico, un
tamburo orizzontale di 1 m di diametro
dovrebbe ruotare a circa 24 giri/min.
Proseguendo la macinazione il prodotto
può surriscaldarsi, pertanto può essere
necessario dotare il tamburo di
un’intercapedine di raffreddamento (o
raramente di riscaldamento), perlopiù ad
acqua corrente, con giunti rotativi.
Soprattutto nel caso di macinazioni a
secco osservare che col proseguire della
macinazione il peso specifico apparente
delle polveri diminuirà, rigonfiando un
poco il volume occupato dal prodotto e
diminuendo lo spazio vuoto dentro il
tamburo, vuoto che deve permanere
sempre, ovviamente minimo possibile: si
può discutere sul citato 1/3 di vuoto
del volume interno totale del tamburo,
ma io non scenderei sotto 1/5 iniziale,
sempre parlando di mulini a palle
discontinui classici per macinazioni ultrafini.
Giragiare.
Nel caso si volesse macinare (e
miscelare) o provare solo piccoli
quantitativi di prodotto, potrebbe
essere utile usare un giragiare.
Io chiamo giare quelle che qualcuno
chiama sempre mulini. Credo che esistano
ancora in commercio giare cilindriche di
porcellana di capacità interna 1,5 - 3
-5 -10 -15 -20 litri (con capacità del
prodotto circa 1/3 della capacità
interna nominale). Esse andrebbero equipaggiate
con sfere della stessa porcellana, ma
forse si può chiudere un occhio sulla
qualità del materiale delle sfere
(allumina, steatite etc.), se il
prodotto tollera inquinamenti
infinitesimali di sfere macinate. Tali
giare di materiale ceramico sono
solitamente di spessore elevato, ma
talora si può ricorrere ad altri
materiali (es. acciaio o plastica o
vetro), con le opportune considerazioni
dei pro e contro.
Nel
giragiare esistono 2 rulli ruotanti, di
cui uno solitamente folle, sui quali appoggiano una
o più giare, realizzando un rapporto di
trasmissione tra il diametro esterno
della giara ed il diametro del rullo
motorizzato, rapporto esatto se la rotazione della giara
avviene senza slittamenti. Occorrerà
tener conto di questo rapporto di
trasmissione per l'esatta
valutazione del numero di giri della
giara. Es. poniamo interno giara
diametro 0,24 m, esterno giara diametro
300 mm, diametro rullo 60 mm, consegue
rapporto di trasmissione 5. Il numero di
giri/min. critico della giara essendo circa
88, il rullo dovrà ruotare a circa 246
giri/min, sempre al 56% del
critico. In pratica per il
rotolamento delle masse interne però si
può tollerare più 20 % o meno 10%
rispetto a tale 56.
Il
rullo folle solitamente può
essere spostato di interasse, per usare
giare di vari diametri: in tale caso
occorrerebbe anche che il giragiare sia
dotato di variatore di giri/min.
Martellamento per macinazione ad urti.
Si potrebbe arrivare anche a circa più
32% del famoso 56, cioè fino all’84% del numero
di giri/min. critico, ma oltrepassando
circa il 60% del numero di giri/min.
critico e fino a circa l’84% le sfere,
oltre che rotolare, cascano su sé
stesse, con un tipo di martellamento “a
cascata” o “cascading”. Credo che sia
ciò che viene attuato nei
mulini a barre d’acciaio per la
polverizzazione di alcuni minerali in
continuo, ma
non ho un’esperienza diretta, in quanto
ho sperimentato solo mulini a palle
discontinui a sfere.
Corpi macinanti e rivestimenti.
Solitamente si utilizza per le sfere
una miscela di diametri da 20 a 60 mm,
sia per i giragiare che per i mulini più
grandi, anche se in teoria non sarebbe
esatto, per la diversità del numero dei
punti di contatto tra le sfere.
All’interno del tamburo ruotante il
volume effettivamente occupato dalle
sfere è circa il 60% del volume
apparente di riempimento delle sfere o
altri corpi di riempimento (sfere
ovalizzate o cilindretti etc.). Si
dovrà moltiplicare il volume effettivo
per il peso specifico del materiale dei
corpi di riempimento, per ottenere il
peso dei corpi utili ad occupare il
sopracitato 1/3 del volume dell’interno
tamburo destinato alle cosiddette sfere.
La ceramica pesa meno della metà
dell’acciaio.
Infatti
esistono anche mulini a palle con sfere
di acciaio, barre ruotanti libere e
piastre antiusura all’interno del
tamburo, addirittura anche penso con
barre ruotanti fissate al tamburo (uso
ascensore per aumentare il cascading),
ma nella maggioranza degli utilizzi
comuni a molteplici attività
i mulini a palle impiegano sfere di
materiale ceramico soltanto rotolanti in
tamburi internamente lisci (senza cascading),
per macinazioni ultrafini tramite solo
sfregamento sfere/prodotto.
Alcuni tamburi
sono rivestiti internamente in gomma, ma
nel
caso
di sfere in materiale ceramico il
tamburo viene solitamente rivestito
internamente di mattoni dello stesso
materiale, cementato come una volta a
botte con mattoni cuneiformi nei tratti
cilindrici del tamburo e mattoni
“rettangolari” nelle 2 testate piane del
tamburo. Anche il tappo di macinazione
ed eventuale passo d’uomo devono essere
rivestiti ad arte.
Impiegando sfere di diametro minore di
20 mm, a parte eventuali problemi allo
scarico del prodotto, in teoria si
dovrebbero raggiungere prima
granulometrie finali più fini, partendo
ovviamente da granulometrie iniziali già
ben inferiori ai diametri delle sfere.
Poi tutto potrebbe dipendere da una
valutazione economica del prezzo delle
sfere e dei rivestimenti.
Conclusione.
Sebbene apparentemente i mulini a palle
sembrino tutti uguali, esistono notevoli
differenze costruttive e di
motorizzazione, a seconda del previsto
carico di sfere e prodotti. Un pari volume di
sfere d’acciaio o barre d’acciaio
richiede una potenza di
installazione anche superiore al 100%
delle costruzioni per sfere ceramiche,
che pure richiedono un tamburo
estremamente rigido, allorquando debba essere internamente rivestito, per
evitare un possibile crollo del
rivestimento in macinazione, crollo possibile
in cattive costruzioni o gestioni.
Nei mulini rivestiti in ceramica è
d'obbligo lavorare, per ovvie ragioni,
con velocità di rotazione inferiori o
massime al 60% del numero di giri/min.
critico dei tamburi. Anche in fase di
carico delle sfere di ceramica nel
tamburo rivestito occorrono adeguate cautele.
Cavalleri Mattavelli Sas. ha costruito
mulini a palle discontinui, con
tamburi
ruotanti ad assi torniti fino a 6000
litri di capacità geometrica prima del
rivestimento. L'interno può essere nudo
(per macinazioni fini ad umido tipi
MAP...,
indicandone il volume in litri), oppure
rivestito in mattonetti di porcellana,
steatite od allumina (rispettivamente
tipi
MARP, MARS, MARA.../...,
indicando il volume del tamburo
prima/dopo il rivestimento). Inoltre il
tamburo può essere dotato di una camicia
per
intercapedine di
raffreddamento ad acqua (ulteriore
suffisso finale .../2P).
Soltanto nei tipi per macinazioni fini
di polveri secche Cavalleri Mattavelli
Sas. costruiva attorno al tamburo una
cuffia di raccolta polveri (tipi
individuabili dal suffisso finale
.../C), con anelli di
tenuta a feltri o gomma striscianti su 2
piste tornite sul tamburo, ed
eventualmente cuffia terminante in un
convogliatore di scarico, talora anche
con possibilità d'uso come tramoggia di
stoccaggio provvisorio delle polveri
macinate.
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